Prime impressioni su Star Trek Discovery

 
Da appassionato, sono abbastanza convinto che la vera fantascienza, più che alla tecnologia e al progresso scientifico, discenda fondamentalmente dalla domanda “cosa succederebbe se?”. Marchingegni tecnologici, espedienti come macchine del tempo o imperi galattici, sono solamente gli strumenti che ci portano a pensare come sarebbe il mondo, come penseremmo e come sarebbero diverse le relazioni umane e i nostri valori in questo mondo alternativo al nostro.

Questo per dire che nell’ultima serie della longeva epopea di Star Trek ci trovo veramente poco “what if?”. Mentre gli episodi della serie originale e di quella successiva (senza usare “nerdate” tipo TOS o TNG) si poteva avvertire con mano questo anelito a sondare territori sconosciuti dello spazio ma anche dell’animo umano per dipingere scenari che sono rimasti nella memoria collettiva in Discovery non è proposto niente di nuovo se non lo spirito guerrafondaio che sicuramente non era presente nella Federazione che Rodenberry, il creatore della serie originale aveva immaginato. In effetti una cosa nuova forse c’è quasi a voler strizzare l’occhio allo spettatore dicendogli che “si, questo è Star Trek, siamo nello stesso universo di Kirk e Picard”. Come dicevano i latini però “excusatio non petita accusatio manifesta”, vale a dire che questo dimostra che il regista e il produttore hanno la coda di paglia. Allo stesso modo in un film di Batman ben sceneggiato e girato non c’è alcun bisogno che il protagonista dica ogni cinque minuti “I’m Batman”. Non so se mi sono spiegato.

Il fun service è veramente troppo smaccato: si va dalla presa vulcanica buttata lì alla prima puntata, al coinvolgimento tirato per i capelli di Sadek, il padre di Spack per passare poi a rispolverare personaggi neanche troppo memorabili della prima serie come Mudd.

In alcuni casi si arriva all’autocitazionismo al limite della parodia che porta a pensare ad un live action di Futurama. Un esempio e la inutile e suicida morte dell’ufficiale “red shirt” che si fa maciullare dal tardigrado spaziale. Quest’ultimo poi, accoppiato alla grande novità del motore spore poi non regge proprio. La prima volta che lo si vede e che viene spiegato il funzionamento del motore ho pensato che poteva essere un’idea interessante ma poi, dopo qualche giorno, ripensandoci e pensando a tutti gli elementi originali e quasi profetici introdotti in passato dalla serie (floppy, tablet, …) ho concluso che è proprio una pagliacciata.

Purtroppo le cose non migliorano con il progredire della serie. Alla quinta puntata, mentre per fortuna si cerca di dare un minimo di credibilità e spessore umano al capitano Lucius Malfoy, la spalla comica si permette di dire che il motore a spore è “una cazzo di figata”. Credo di aver sentito le bestemmie di Rodemberry risuonare fin dall’alto dei cieli. Anche l’apertura mentale e l’attenzione per il diverso, tema portante del mondo di Star Trek, mi è parsa esibita in modo stucchevole con la scenetta delle coccole tra i due ufficiali gay che si lavano i dentini insieme davanti allo specchio del bagno, indossando i loro pigiamini rossi con tanto di stemma della Federazione.

Uno dei problemi fondamentali è che Tilly (così si chiama la tipa) è il personaggio con il quale gli sceneggiatori vogliono fare identificare lo spettatore. Non con il capitano, non il primo ufficiale ma con la nerd saputella logorroica che è anche lei, almeno fino ad ora, una spettatrice dei fatti che le accadono intorno. E’ chiaro che il target è questo e poco importa al nerd spettatore millennial se le serie ambientate in un periodo cronologicamente successivo non citano invenzioni come il teletrasporto in qualsiasi punto dell’universo permesso dalle spore, appaiono molto meno tecnologiche, parlano di guerra solo come ultima risorsa di difesa e additano come selvagge le culture che se ne servono come strumento di domino. La cosa importante è che tutto sia “cool”, che mi facciano vedere qualche lens flare alla Abrams e che le astronavi della Federazione siano slanciate e facciano il culo ai nemici. A questo proposito è interessante e da approfondire il fatto che i Klingon siano stati completamente disumanizzati e resi molto simili ad orchi che parlano una lingua minacciosa volutamente non doppiata.

Certo la fotografia e la messa in scena sono ben oltre gli standard tesevisi, soprattutto nelle prime due puntate, la (forse) protagonista è veramente bella anche se non buca lo schermo e qualche volta si comporta come una bulletta sconsiderata, le divise mi piacciono molto e i klingon 3.0 sono fighi ma fino ad ora, alla puntata numero cinque, non ho ancora sentito la magia e non mi sono sicuramente sentito trasportato con la fantasia la dove nessuno era mai giunto prima.

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